I giovani, la scuola e viale S. Antonio

Leggevo, su Repubblica di Martedì 24 settembre 1995, un articolo a firma di Marina Cavallieri che, in breve, commentava una ricerca del Ministero sugli abbandoni scolastici, indagando inoltre sui valori e sulla possibile eziologia del fenomeno “dispersione” che in questi ultimi anni sta assumendo valori catastrofici.
Su 100 alunni che si iscrivono alla prima media, in sostanza, solo 47 completeranno gli 8 anni che servono per arrivare alla maturità. Cause, dicevano, che potrebbero essere identificate in molti fattori, disastro educativo dalla scuola media afragolese a parte.
“Ragazzi col telecomando: l’88 per cento degli studenti ha la televisione come principale fonte di informazione, seguono i “giornali indipendenti” e la radio e osservando il mondo rilevano con disincanto che negli ultimi anni sono diventati valori dominanti il denaro - così la pensa l’85 per cento - l’apparenza e l’immagine esteriore, il successo rapido. Il 77 per cento constata che l’onestà è un valore in declino, il 61 per cento nota che sta rotolando sempre più in basso anche la serietà”. E’ uno status sociologico molto complesso e difficile da analizzare, soprattutto se consideriamo che la tipologia dello studente medio “disperso” o meno, muta anche in relazione all’area geografica di appartenenza più o meno degradata. Degrado, a mio avviso, soprattutto culturale, che porta con se un tremendo stravolgimento assiologico - valorale.
Importantissmo il denaro, dice l’85,2 per cento degli studenti intervistati, valori che contano, inoltre, sono il successo rapido, la furbizia, l’apparenza, l’immagine esteriore. Dati che chiedono, implorano di essere enucleati, sviscerati, analizzati.
Dati che fotografano una società che nel bene o nel male sta mutando in modo vertiginoso. E ormai il capitalismo sistemico sta celebrando la propria vittoria: l’annichilimento dell’autoctonia volitiva, delle capacità organizzative, della dimensione mitico - fantastica (oh! Le profezie di Ende e le sue storie infinite), facendo degli studenti nostrani degli autonomi biologici, dominati e condizionati unicamenti dal look (livrea e freddo marmo sepolcrale della persona smaterializzata nel nirvana di un’esistenza inconsapevole e drogata) e dal sesso (edonismo elevato a cardine paradigmatico, che produce lo svilimento del valore “sofferenza”).
Il sottile fenomeno psicologico in questione, che io definirei “esodo dalla sofferenza”, innestato dal sistema capitalistico, che esige una soluzione ad ogni affanno, è ormai imperante e dilaga nell’universo adolescenziale e post - adolescenziale.
C’è da non mettere in secondo ordine, inoltre, la migrazione dai grandi obiettivi agli obiettivi a medio e corto raggio: tra i giovani non ci sono più sogni, grandi sogni. Questi ultimi si limitano, nella moto e nel conquistare questa o quella ragazza. In questo squallore esistenziale, di cui la piazza e Viale S. Antonio ne sono un fedele ritratto, si spegne una città, un mondo.
In quell’abisso logorroico, i muti ciarlieri pontificano.
Quell’abulico ammasso umano, dominato da figure umbratili, ha risucchiato e continua a risucchiare nel suo baratro gli “Icaro” che tentano di volare.
Quello strapiombo culturale, colonia e sottoprodotto del deleterio ed inumano capitalismo, è la vittoria del “Nulla” su “fantàsia”, è l’impero di Satana sul mondo dove ogni accenno umanizzante è soffocato, è l’ultima e definitiva parola dell’uomo disumanizzato, della persona spersonalizzata, della condanna che la storia ha ormai pronunciato sulla nostra terra.


Da 'Afragola oggi' del 30-09-1995

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