Gli occhi chiusi alla luce
Qui
Vivono per sempre
Gli occhi che furono chiusi alla luce
Perché tutti
Li avessero aperti
Per sempre
Alla luce
(Giuseppe Ungaretti 1968)
Era una mattina piena di
sole. Per strada c'era poca gente che forse si attardava nei letti.
Era una mattina di festa, forse una festa, per molti, come un'altra.
Era il 25 aprile, 57° Anniversario della Liberazione.
Andavo al bar di zio Ciro a prendere il caffè e a leggere
qualche giornale. Erano passati quasi sessant'anni circa, dai giorni
in cui mio zio era costretto a restare per molto tempo nascosto
in un anfratto, scavato dal nonno a circa 10 metri di profondità
nel cunicolo che terminava con l'occhio della grotta, espediente
col quale il nonno nascondeva i suoi 6 figli maschi quando le squadre
naziste erano nelle vicinanze.
Si sentivano arrivare dal rumore che producevano gli scarponi che,
marciando, battevano violentemente sul basalto della strada. In
un silenzio spettrale, quel rumore echeggiava come sinistro presagio
per il rettifilo di Afragola. Rumore tetro e violento, cadenzato
e funesto. Qualche ordine impartito con voce secca, gutturale, pronunciato
in quella lingua che solo al sentirla, generava terrore e faceva
andare il cuore in tachicardia.
Entravano di notte, sfondando le porte a calci e urlando. Due volte
è accaduto in casa di mia madre, al corso Garibaldi 7.
Poi il 25 aprile del '45. I partigiani liberano Milano dall'occupazione
dei nazisti e dei fascisti. Anche la popolazione civile insorge
e vaste zone dell'Italia settentrionale e molte città vengono
liberate prima dell'arrivo degli americani che, dopo aver superato
la Linea Gotica, inseguono i tedeschi in ritirata.
Mentre nel bar leggevo il giornale, l'on. Tuccillo, che per il rettifilo
semideserto si dirigeva presso il monumento ai caduti in pineta
per la deposizione della corona d'alloro e per il tradizionale corteo.
Un saluto, due chiacchiere scambiate al volo. Poi la cerimonia in
piazza Municipio. Il sindaco scopre una targa bronzea intitolata
al Sen. Mario Palermo, già parlamentare del Collegio di Afragola
e Consigliere Comunale della stessa città. Discorso dell'on.
Abdon Alinovi, presenti oltre a Tuccillo, il sen. Casillo, e tante
altre personalità del mondo politico, in una piazza semideserta
dove facevano da cornice un centinaio di persone.
Eppure, pensavo, ci deve essere una via d'uscita. Il 25 aprile non
può essere confinato esclusivamente in una dimensione ufficiale
e celebrativa. Questo giorno è il suggello unitario dell'evento
storico dal quale la democrazia italiana ha ripreso il suo cammino,
è paradigma e memoriale della mia libertà. Libertà
che va rivendicata giorno per giorno, attimo per attimo. Questo
giorno è monito di un tempo che rischia di coprire con la
sua ombra l'oggi. Ombra ferale, che nega la persona, la sua libertà,
che ammanta di oscurità e confusione il momento politico
che stiamo vivendo, che si afferma nella politica clientelare, nella
politica della poltrona e dell'interesse di parte. Ombra che si
proietta come un cono di eclisse totale e che oscura tutto: la capacità
di vedere e di discernere ciò che veramente ha valore, la
capacità di essere umili di fronte alla verità, di
mettersi in discussione, di ascoltare, di ricostruirsi. Ombra che
oscura la 'memoria' e fa di essa una dimensione estranea. Ombra
del 'carpe diem', del tutto e subito, della religione
del ventre.
Solo in questa dimensione è spiegabile Le Pen e i trotskisti
francesi, Maria De Filippi e Federica Panicucci, Michele Santoro
ed Emilio Fede, Taricone e il Grande Fratello. Avere, allora, gli
occhi aperti alla luce, onorando chi per sempre gli occhi li ha
chiusi alla luce perché noi vedessimo, significa riuscire
a vedere, riuscire ancora a trovare la forza di combattere, di impugnare
le armi e resistere contro le forti e violente orde dell'ignoranza,
orde del partito preso e della vacuità ontologica.
Orde che proclamano furer e duce la dimensione orizzontale
del presente e lo svilimento della memoria.
Dal 'Cogito' del 05-05-2002
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