Il silenzio degli angeli

Era un giorno come un altro ad Afragola. Il solito sole di un giovedì di ottobre che illuminava, caldo, i marciapiedi sconnessi di corso Garibaldi dove le radici degli alberi, che prepotenti bucano l'asfalto, si divertono a creare arcane ragnatele che sembrano emergere dal mondo ctonio afragolese.
Le persone che incontro di solito, i saluti di rito a Vittorio del negozio di stoccafisso…
Eppure l'aria, quel mattino, nonostante il caldo, sembrava frizzante, foriera di una speranza che prometteva qualcosa di indefinibilmente nuovo.
Era passato appena un mese dall'attentato newyorchese e nella mia mente si inseguivano ricordi, riflessioni, sensazioni.
Un mese da quel pomeriggio che fu segnato dalla scampanellata del mio amico Francesco che, coltomi di sorpresa, correva in cucina ad accendere la televisione per condividere con me lo sgomento per quanto stava accadendo.
"E' l'Apocalisse" fu il suo laconico commento. La serata e la nottata la passammo incollati alla tv, silenti.
Non c'era bisogno di parlarne, non servono le parole.
E' una convinzione, questa, che è maturata e matura in me di giorno in giorno, sempre più prepotente. Nonostante il mio lavoro … forse proprio grazie al mio lavoro.
Eppure in questi mesi non si è fatto che parlare di quanto accaduto, della reazione bellica del mondo occidentale al terrorismo internazionale e degli schieramenti da tifo calcistico dei pacifisti ad oltranza (rivisitazione storica del pacifismo unilaterale filo-sovietico) che si opponevano e si oppongono ai cosiddetti "guerrafondai" che teorizzano (il voto espresso dal Parlamento italiano è l'espressione di questa posizione politica in parte trasversale agli schieramenti) l'intervento armato come legittima e unica difesa possibile nei confronti della minaccia terroristica.
Tutto questo, a mio avviso, non ha giovato alla verità.
In quel mattino dell'11 ottobre, sentii un brusio in lontananza che diveniva sempre più caotico, forte, chiassoso.
Erano i giovani del liceo Brunelleschi, del Geometra e del Minzioni di Afragola, del liceo classico di Casoria e forse altre scuole che manifestavano … contro il terrorismo.
Slogan, striscioni e, credo, tanta buona fede. Gli stessi giovani che qualche giorno prima avevano 'scioperato' perché … "ah sì, forse perché manca il gasolio per i riscaldamenti". "Ma fa ancora caldo"! "Allora sarà perché abbiamo un vetro rotto". Gli stessi giovani che di sera si riuniscono in piazza a 'chiacchierare' e a fare bella mostra di sé come in una enorme vetrina, che guardano e parlano animosamente delle ultime vicende della casa del grande fratello e che qualche giorno fa hanno scioperato contro la 'Finanziaria' che è… si insomma… cioè… una legge cattiva. Non giusta. Così che quando una nostra amica non è cordiale o risulta antipatica basta chiamarla 'Finanziaria' che si offende.
L'altro giorno una mia cara collega mi ha chiamato più volte - ormai la mia irreperibilità è divenuta quasi leggenda metropolitana - per invitarmi a casa sua. Aveva appena ultimato, dopo duri mesi di lavoro, diversi pastori napoletani del '700. Saranno esposti tralaltro in una mostra della quale abbiamo parlato in un articolo di questo giornale.
Dopo l'affettuoso saluto con Tina - erano diversi mesi che non ci vedevamo - sono stato quasi folgorato dalle opere d'arte che questa mia sensibilissima ed eccezionale amica aveva prodotto. Tutti lavorati in creta. Lavoro certosino, bizantino, ma ebro di spiritualità. Quando ho poi visto l'angelo che nel presepe annuncia 'pace agli uomini di buona volontà' sono rimasto paralizzato. Non c'era bisogno che dicesse nient'altro. Il suo volto è l'annuncio della pace che ha dentro. E' una pace che non ha bisogno di gridare per affermarsi, che non si insuperbisce, che aborrisce la violenza, in tutte le sue forme, che non pensa male dell'altro, che non ha bisogno di manifestazioni, che affonda nell'amore, nella compassione e nel silenzio le sue profonde radici.


Dal 'Cogito' del 25-11-01

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