Il sogno di Franco

Questo giornale sarà accanto ai “poveri”. E’ opportuno che la linea “politica” di questo giornale, assuma decisamente questa direzione.

E’ da qualche tempo che non sogno più. Le cose futili che rincorro, anche se vestite di ostentazione, stanno da un po’ di tempo, appiattendo la mia esistenza.
E’ da un po’ di tempo che trascorro dalle dodici alle quattordici ore al giorno davanti ad un monitor. Ed è da un po’ di tempo che ritorna con insistente ridondanza la stessa domanda: “Perché tutto questo?”
“Lo sforzo di AsseMediano – affermai nel primo editoriale di un giornale che pochissimo tempo fa si affacciava timidamente nelle edicole e nei bar delle nostre città – è lo sforzo di un gruppo di sognatori che sperano che quella superstrada che congiunge i nostri paesi dell’area a nord di Napoli possa divenire “figura” del nostro sforzo di metterci in cammino, di affrancarci dalla nostra condizione di sfiducia, di povertà culturale, di lontananza dalla partecipazione e dal coinvolgimento civile e politico alla vita della nostra città, partecipazione che resta una dimensione fondamentale dell’uomo in quanto tale”.
A distanza di tre mesi il giornale sembra prosperare. La redazione diventa sempre più una bolgia infernale. Ormai abbiamo sei computer potentissimi schierati a batteria. Il telefono che squilla continuamente, la e-mail, il fax, i cellulari, i complimenti, i siti internet, le richieste di collaborazione, la scelta quasi forzata di raddoppiare le pagine con questo numero, gli sponsor che chiamano per essere inseriti…
Certo. Tutto a gonfie vele. Nessuno si aspettava un exploit del genere e in così poco tempo. Orlando matura sempre più ed è un eccellente condirettore; Giovanni fa schizzare tutti i programmi di grafica; Alessandro ci dedica qualche mattinata in più, Lino si è scatenato sul territorio, Carla non ne parliamo.
Eppure è da qualche tempo che di notte non sogno più.
Le infinite speranze, la forza della testardaggine che mi caratterizzava, la mia voglia di cambiare il mondo…
Certo… si cresce.
Eppure c’è qualcosa che non quadra. E la stessa domanda che si ripresenta, ostinata: “Perché tutto questo?”.
L’altro giorno, in strada incontrai l’amico Franco. Ha problemi. Di ordine esistenziale prima che economico. “Non vado spesso al centro di Igiene Mentale – mi diceva – perché mi evitano, spesso non mi prescrivono i medicinali di cui ho bisogno”. E mi parlava della sua vita, della sua storia, storia di un uomo che sin da piccolo si è trovato davanti a porte sbarrate. Oggi, per non soffrire, spesso beve per stemperare l’ansia esistenziale che ormai lo divora.
Forse, pensavo, se fossi nella sua condizione, o mi fossi trovato a vivere la sua storia, non credo avrei avuto la sua forza di tirare avanti.
Lo si vede spesso in piazza seduto o che cammina. Odia il buio e la sera, le ombre della solitudine, del freddo e della tristezza. Ama il giorno, gli spazi, la luce di una vita che lo ha tradito, tanto che appena albeggia è subito in strada.
Fino a quando la cultura della solidarietà, quella vera, rimarrà subalterna?
Son troppo stanco per rispondere stanotte.
Rimango solo e mi viene una gran voglia di piangere. Tristezza, rimorso, e percezione del poco che si è fatto e dell’enorme cammino che c’è da compiere.
Forse è opportuno che la linea “politica” del giornale assuma decisamente questa direzione. Un giornale che si ponga come obiettivo lo “stare accanto”, il “dare voce” a chi voce non ne ha. Un giornale che faccia della “denuncia” il suo orizzonte. Un giornale non semplicemente più aggressivo tout cout. Ma che con coraggio e senza parteggiare per nessuno, altrimenti non sarebbe credibile, si muova in un orizzonte preciso, che connoti il senso altissimo della sua vocazione.
Solo chi è solo, chi si mette di fronte all’esistenza, senza orpelli, senza futili corse e sogni ingannevoli vestiti di magnifiche e sontuose vesti, solo chi si fa povero assapora la dolcezza della sua “vocazione”, la dolcezza del senso della sua vita.
Saremo accanto ai poveri. Vicino a chi vede la sua speranza negata. Vicini a Franco, ai lavoratori della Exide, ai nuovi schiavi costretti a lavare i vetri ai semafori, vicini a chi si vede negata la speranza di una vita dignitosa, vicini agli abitanti delle Salicelle, del Parco Verde…
Nel frattempo mi lascio cullare da una incontenibile speranza: la stessa speranza che mi ha spinto a combattere allo stremo delle forze perchè questo giornale prendesse vita: “Le cose cambieranno, se i poveri lo vogliono”.
Cambieranno se fortemente lo vogliono coloro che di fronte alla vita spesso crudele, sperarano ancora nella speranza, credono ancora di poter cambiare il mondo, le cose, il cuore dell’uomo.
Non è tutto perduto.
Noi di Asse Mediano abbiamo una speranza. Viviamo ancora una sogno. Lo stesso sogno che di notte si diverte a nascondersi nella mia mente dormiente. Il sogno di essere poveri con i poveri, per i poveri. E insieme ai poveri, contribuire a dare un senso alla nostra vita, al nostro lavoro, al nostro giornale. Il sogno di chi, come Franco, crede, nonostante tutto, ancora nell’amicizia, nella vita.
Noi di Asse Mediano abbiamo un sogno.
Il sogno di Franco.
Aiutateci a viverlo.


Dal 'Asse Mediano' del 28-03-2004

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