L'agonia di morte della scuola
Istituti superiori occupati,
scuole che chiudono per inagibilità statica. La scuola italiana
allo stremo.
AFRAGOLA
- Il caso ‘Aldo Moro’ o le scuole superiori di Afragola
e di Napoli in occupazione o autogestione o ‘pausa didattica’
sono nient’altro che la declinazione locale di un malessere
profondo che affligge la scuola italiana. Una scuola fatiscente
nelle strutture, che soffre, soffre di un profondo disagio; soffre
per la politica miope e demente degli investimenti mancati dei vari
esecutivi che si sono succeduti al governo del nostro paese; soffre
perché è ormai senza strumenti; soffre perché
i suoi operatori sono sottopagati e sottoposti a carichi di lavoro
sempre più pesanti.
E la scuola ‘marginalizzata’, ‘delegittimata’,
incapace di rivestire quel ruolo centrale e strategico di orientamento
e formazione perché disorientata e male informata dalla riforma
di turno non condivisa né compresa, manifesta il suo malessere
e la sua incapacità didattica con la sua completa assenza
nella vita sociale, culturale e politica nella nostra società.
Una scuola abbandonata a se stessa, oggetto di tagli e restrizioni,
a livello locale come a quello nazionale, come se svolgesse un ruolo
marginale e trattata, quando le cose vanno bene, alla stregua degli
altri comparti della Pubblica Amministrazione, oggetto di leggi
irragionevoli che in barba alla didattica e ai più elementari
assiomi pedagogici si vede aumentare anno per anno il numero di
alunni per classe, diminuire il numero dei docenti e personale ausiliario,
viene buttata nell’anfiteatro Flavio del “si salvi chi
può” dell’autonomia e del decentramento amministrativo
e viene costretta praticamente a trascurare il curricolo per una
serie di idiozie progettuali che servono solo a mostrare agli utenti
una livrea vuota, un contenitore senza contenuto.
Ah! La “libera scuola, nel libero Stato, dove libero ne è
l’insegnamento”. Dov’è questa scuola libera
e forte? Prostituita, costretta ad accordi, convenzioni, ad accettare
sponsor ed elargizioni caritatevoli per “arricchire”
la sua offerta formativa.
Non può formare alla libertà una scuola non libera.
C’è qualcosa, caro on. Tuccillo, qualcosa che va al
di là della realizzazione della stazione Porta, che trascende
enormemente la gravità del presunto malaffare dell’Amministrazione
afragolese, caro on. Nespoli. C’è una scuola, quella
italiana, che sta andando a carte quarantotto.
Ed è grave. Gravissimo.
Non è catastrofismo. Ne stiamo già pagando il fio.
E non c’è bisogno di citare episodi di violenza cognitiva
o di stupidità e di vacuità esistenziale dei mass-media.
Non c’è bisogno che citi il Morandi in mutande su una
rete o due ragazze che si fanno invitare dalla De Filippi per toccare
il sedere a Cipollini sull’altra. Quello che siamo costretti
a vedere in televisione è la risposta di un sistema che ha
già abdicato all’uomo, al cittadino ed alla sua coscienza
critica.
Stiamo affondando. Morendo. I barbari sono entrati a Roma. Stanno
saccheggiando. E da Ippona qualcuno piange. Qualcuno che sa che
ormai i giochi son fatti. Roma non è la realizzazione del
Regno di Dio sulla terra. E’ caduta. E’ stata violata.
Il suo esercito? Stanco, sfiduciato, demotivato non ha avuto la
capacità né l’opportunità di intervenire.
La scuola?
Destituita del suo ruolo di ‘anima mundi’, risorsa marginale
(oggi quella strategica è la Fiat) è morta. Defunta.
Violata.
Gli alunni, dal canto loro, cosa fanno? Incominciano le solite autogestioni
o occupazioni natalizie, per anticipare di qualche settimana le
vacanze. Geometra, Ragioneria, Liceo e chi più ne ha più
ne metta. Ah già, dimenticavo. Per il Geometra non si può
parlare di occupazione ma di “pausa didattica”.
E gli alunni del liceo, che fanno? Da qualche giorno hanno incominciato
a disertare le aule. Motivo? Non sono stati ancora accesi i termosifoni.
Sta a voi, onorevoli Tuccillo e Nespoli. A voi perché siete
i miei referenti. Possedete la mia ‘delega’. Che fare?
Combattere da prodi una battaglia per la scuola; una battaglia per
la civiltà, una battaglia per voi e per i vostri figli. Ne
avete la possibilità. Incominciate. Sulle vostre spalle incombe
tutta la responsabilità. Sulle vostre spalle il nostro futuro.
Sulle vostre spalle la nostra storia.
Dal 'Cogito' del 8-12-2002
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