La musica delle stelle
Qualche tempo fa, circa due
millenni e passa, un certo Pitagora affermava con convinzione che
le stelle, nel loro moto eterno, producono un’armonia, una
musica, che l’uomo, a causa dell’abitudine, della routine
e del rumore della sua vita, non è più capace di udire.
Il nostro amico, passava ore ed ore a contemplare il cielo stellato
che, non inquinato dalle potenti luci urbane del XXI secolo, doveva
offrire uno spettacolo straordinario e, diceva, di riuscire a sentire
il suono che produceva ogni stella e la ‘sinfonia’ che
producevano insieme.
Era la sua scuola (scholè per i greci significava tempo libero
da dedicare allo studio, alla contemplazione, alla theorìa
= visione del divino e quindi della verità), diversa dalla
accezione che riveste per noi italiani e occidentali di questo secolo.
E allora Pitagora, spessissimo, nel suo tempo libero, si sdraiava
sull’erba e si incantava ore e ore a contemplare le stelle
e, frequentemente, si ritrovava in lacrime.
Ma che imbecille! Potrebbe obiettare qualche lettore. Non aveva
altro da fare questo Pitagora? E che c’è da piangere
di fronte al cielo stellato?
Beh!, risponderei a questo lettore, questa è una classica
osservazione di un uomo che vive in occidente nel XXI secolo, uomo
che non si commuove, che non si ferma un attimo e che struttura
la sua esistenza su un circuito di formula uno.
Niente ormai suscita più in noi entusiasmo se non è
qualche cosa da fare per non annoiarsi, niente è più
degno di commozione se non il modo di far soldi senza faticare molto,
niente suscita più in noi ammirazione (non curiosità,
che è un interesse superficiale e passeggero) o venerazione
se non quegli imbecilli del Grande fratello o i diversi personaggi
ricchi e famosi che diventano modelli e dèi, verità
e vangelo.
Chiedete ad un bambino o una bambina di 8 anni e vedete cosa vi
risponderà alla domanda “Cosa vuoi fare da grande?”.
Attore o calciatore, ballerina, cantante o modella. E’ triste.
Oggi tutto è pacifico, ogni cosa la si dà per scontata.
L’atteggiamento di contemplazione, caratteristico dei bambini
che sgranano letteralmente gli occhi sul mondo, nel tentativo di
scoprirne i maghi e le fate è considerato puerile, sciocco,
inutile.
L’entusiasmo e tutto ciò che afferisce alla sfera emozionale
autentica è stato relegato nel non professionale. Si dà
per scontato che il politico faccia questo mestiere per tutelare
i suoi interessi. Il fatalismo anche in questo campo la fa da padrone.
Non posso impegnarmi civilmente, umanamente e politicamente perchè
già tutto è deciso a tavolino.
Chi determina le scelte e la strada della mia vita e del mondo è
un Olimpo potente, che ha intronizzato il guadagno e se non la penso
in tal senso sono un sognatore, un don Chisciotte fuori dal tempo
e dallo spazio.
Qualcuno che è sopravvissuto all’olocausto dell’annichilimento
ontologico dell’uomo si è rifugiato nella sua torre
d’avorio o si è adeguato per non essere marginalizzato.
Dove l’uomo? Dove sono questi uomini? Ci sono superstiti che
riescono ancora a sentire le stelle cantare? E dove sono i vari
Gambuti, Piccirilli, che ne so, lo stesso Andrea Romano?
Non è mia intenzione recare offesa alle attuali amministrazioni
cittadine, eppure è ora di smetterla con questa storia del
pincopallino che va a fare il politico. Impegnarsi politicamente
è una cosa tremendamente seria. E c’è bisogno
che si impegni in tal senso l’intellighentia cittadina. Altrimenti
la vacuità ideologica e la pochezza morale pontificheranno
come i nuovi paradigmi della contemporaneità.
Se, chi parla di cultura, moralità, sviluppo e progresso
civile non è disposto a perdere la vita per essi, cancelli
questi termini dal suo vocabolario. Non è degno di pronunciarli.
E’ giunto il momento, allora, ed è questo, nel quale
“gli uomini liberi e forti” devono scendere in campo.
Non sarebbe morale se così non facessero. Non è possibile
e non sarebbe giusto più derogare.
Il cambiamento ci sarà se le torri d’avorio saranno
abbattute, se si compirà l’estremo sacrificio di uscire
allo scoperto e impegnarsi in prima persona. Basta derogare e permettere
alle rane gracidanti di gracchiare. E’ immorale!
A proposito!
Stanotte ho fatto un sogno. Ho sognato di stare ore ed ore a contemplare
un magnifico cielo stellato e mentre cercavo di identificare Aldèbaran,
la mia stella della costellazione del Toro, ho sentito una dolce
e soave melodia.
Era la musica delle stelle.
Dal 'Cogito' del 03-03-2002
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