La notte del pensiero

L’altro giorno, tornando a casa, rasentavo il muro del mio condominio di via Imbriani e concentrato a camminare sul marciapiede con molta attenzione per evitare di calpestare le numerosissime cacche dei cani, il mio cuore sussultò d’improvviso. Urla spaventose, bestemmie disumane e rumori molto violenti. Temevo che qualcuno stesse litigando e mi voltavo a cercare con lo sguardo la fonte di tanto baccano. Lo spavento durò pochi attimi perché subito mi resi conto che lo schiamazzo proveniva da un circolo ricreativo per pensionati appena accanto il palazzo. Già altre volte mi ero spaventato inutilmente. Si perché in quel luogo credo che quello sia il volume abituale della voce e il codice che si utilizza e che corrisponde per analogia a quello che io potrei definire ‘dialogo’ o sereno discorrere del più e del meno.
L’argomento, da quello che riuscii a capire tra un’imprecazione e rumori di mani che suggellavano i concetti rumoreggiando sul tavolo, era l’ormai famigerate articolo 18, la sinistra e la destra.
Non è stata la prima volta che ne ho sentito parlare per strada. “Io sono di sinistra, gridava un barista mi sembra a Marano verso un cliente che sorbiva un caffè, e il mio sangue è rosso non a causa dei globuli rossi, ma perché la sinistra scorre nelle mie vene”.
“Perché?” – gli chiedeva l’amico cliente. “Perché – dopo un attimo di riflessione – la mia famiglia, mio padre, i miei nonni – rispondeva il barista ora un po’ più pacatamente - … tutti di sinistra”.
È da qualche giorno che rifletto su quanto sta accadendo ultimamente nel mio paese.
Forse conseguenza dell’esasperazione dei toni del linguaggio politico e dello svuotamento contenutistico della dialettica ideologica, forse conseguenza del fatto che la squadra del Napoli militi da un po’ di tempo in serie “B” , i discorsi di molte persone su questo argomento, anche cultiralmente insospettabili, rasentano il fanatismo, la follia religiosa e un modo di fare e di pensare che potrebbe essere visto quasi come tifo calcistico esasperato.
I termini destra e sinistra hanno fatto il loro ingresso nel linguaggio politico moderno durante la Rivoluzione francese, nel periodo della Costituente, in occasione del dibattito sul diritto di veto che poteva esercitare il re: quanti erano favorevoli a concedere al monarca il diritto di veto relativamente ai lavori dell’assemblea sedevano a destra, quelli che invece si dichiaravano contrari sedevano a sinistra. La destra fu successivamente identificata con i realisti e divenne sinonimo di conservazione, reazione e gerarchia; la sinistra fu identificata con le forze rivoluzionarie e dunque associata a progresso, innovazione.
Storicamente la destra si è identificata in un gruppo politico moderato di ispirazione liberale che fu al governo in Italia dal 1861 al 1876. Nato dalla fusione di forze preesistenti che avevani il loro punto di riferimento in Cavour, formò un gruppo relativamente compatto, sebbene costituito da politici spesso differenti per ispirazione e per origine e attuò una politica di accentramento amministrativo e di elevata pressione fiscale.
La sinistra storica, invece, si è identificata in un gruppo di orientamento liberal-progressista, formatosi al parlamento italiano subito dopo l’Unità. Costituito inizialmente dal nucleo originario dei democratici già presenti nel parlamento piemontese, raccolse gli esponenti dal partito d’azione e singoli intellettuali, per lo più di origine meridionale. La sinistra giunse al potere nel 1876 e attuò una serie di riforme come la legge Coppino suull’istruzione elementare obbligatoria e graduita.
Al termine della seconda guerra mondiale si verificano nella storiografia politica dell’Europa occidentale due fenomeni paralleli. Da una parte viene genericamente definito di sinistra tutto ciò che ha in qualche modo a che fare con la tradizione ed il pensiero marxista, mettendo quindi insieme teorie e programmi politici estremamente variegati; dall’altra viene fatto coincidere il termine destra con il fascismo. Questi orientamenti molto spesso sono risultati il frutto di particolari interessi politici più che di ponderate ricostruzioni storiche.
L’idendità destra- fascismo, per esempio, era funzionale al mantenimento degli equilibri politici consolidati, e ha in larga parte contribuito a fare in modo che in Italia non si formasse una moderna destra di stampo liberal-democratico sul modello di quella incarnata dalla Thatcher in Inghilterra e Reagari negli Stati Uniti.
Crollati tutti i totalitarismi ed imboccata anche in Italia la via, sia pur in modo contraddittorio ed incerto, della democrazia “bipolare” sembra ritornare d’attualità la contrapposizione Destra Sinistra. Eppure l’assetto centro-destra e centro-sinistra, così come si sta delineando da qualche anno nel nostro Paese, credo sia una classificazione che rischia di rasentare la banalità. È forse indice di una diffusa pigrizia mentale cercare di imbrigliare il presente nelle categorie politiche tipiche di periodi storici e di ideologie ormai tramontate.
Ma, al tempo stesso, non è assolutamente indispensabile ad una democrazia maggioritaria avere delle categorie sulla base delle quali suddividere uomini e programmi?
Molti si sono interrogati in merito. Che significato ha oggi parlare di destra o di sinistra?
Molti sono i tentativi, spesso risoltisi in manifesti pubblicitari inneggianti all’uno o all’altro schieramento, di spiegare o di delineare la pecularità politiche, ideologiche, economiche e programmatiche delle due parti. Non ultimo, il libro di Noberto Bobbio “Destra e sinistra”, che alla fine, però, scade in una magnificazione del governo di centrosinistra. E allora la cosa diventa più difficile. Chiunque tenti di spiegare e di fare differenze, rischia di utilizzare la sua prospettiva, la sua visione delle cose che non può prescindere dalla sua ‘fede’ politica. Così ad esempio Alfio Mastropaolo, nelle voci Destra e Sinistra della prima edizione del ‘Dizionario di Politica’ (significativamente scomparse dalla versione più aggiornata, pur molto ampliata del glossario, quasi a voler sottintendere la scarsa efficacia euristica delle nozioni in esame scrive nel primo caso:”Oggi,per estensione,la Destra è il partito della conservazione in generale ed è quindi costituita da chi si considera soddisfatto dal presente, da chi si impegna al mantenimento dell’ ordine attuale perché vi riveste, o ritiene di rivestirvi, posizioni di privilegio che non intende abbandonare e da chi si batte addirittura per una restaurazione dell’ ordine passato dal quale spera di ottenere situazioni di vantaggio. Una Destra, cioè una tendenza conservatrice, esiste così in ogni organizzazione politica, economica, sociale e culturale, anche la più progressista”.E nel secondo:”Nel linguaggio comune”Sinistra” viene impiegato per indicare lo schieramento del progresso e del cambiamento: tutti coloro che si impegnano per rinnovare l’ ordine esistente vi appartengono di diritto. Una Sinistra, dunque, come partito del cambiamento, esiste in qualsiasi organizzazione politica, economica, sociale e culturale. Naturalmente allo stesso modo che alla destra, il progresso storico impone alla Sinistra di variare i propri contenuti a seconda dei tempi, dei luoghi e delle circostanze”. Giovanni Sartori in un lavoro dei primi anni Ottanta. “Per l’ insieme dei paesi europei”, scrive:”In ogni paese le auto collocazioni spaziali di tipo destra-sinistra sono relative, e cioè relative al proprio spazio; …destra e sinistra sono di volta in volta, sintesi di atteggiamenti”. E allora non è semplice né privo di rischi cercare di definire, oggi, un atteggiamento politico e di ingabbiarlo o etichettarlo. L’ amministrazione di Afragola, che tenta di evitare un campo nomadi nel perimetro del comune o il fondo di numerosi milioni stanziato dal comune di Casalnuovo per i ‘ bisognosi’, a dispetto dei luoghi comuni di una sinistra garantista e di una destra liberista sembrano confonderci le idee.O la legge sull’ autonomia e sul decentramento amministrativo varata dalla sinistra statalista e la devolution voluta dalla destra patriottica che inneggia allo stato unitario, sembrano elementi di confusione se continuiamo a pensare alla destra e alla sinistra in modo statico, storico e acritico.
Il buon governo, allora, non è questione di destra o di sinistra. O almeno è non solo questione di schieramento e appartenenza. C’è un altro schieramento , una terza via, non quella storica di De Gasperi o di Sturzo. Una strada che non si caratterizza perché sottesa da una ideologia o da un percorso politico diverso. Una strada che guarda l’ uomo come soggetto di storia, che aspira alla sua liberazione storica dai lacci della stupidità e della vaculità ontologica, una strada che inneggia alla moralità e all’ impegno ‘ per l’ uomo’.
E’, questo terzo schieramento, traversale. Non ostenta bandiere o slogan e lavora non per conservare interessi o benefici. Non grida e non rumoreggia.Il silenzio, la riflessione e la saggezza sono i suoi pilastri.Fa del dubbio e della autocritica le proprie bandiere, della storia il suo campo di battaglia. Storia drammatica del silenzio delle coscienze; storia, che stiamo vivendo in questi ultimi anni, della oscurità dell’ uomo, della notte del pensiero.


Dal 'Cogito' del 17-03-2002

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