Lettera dall'inferno
Fin quando esisterà il
quartiere Salicelle così com’è oggi, allora,
la nostra umanizzazione non può dirsi realizzata. La nostra
colpa non espiata. E, non espiata, ritornerà non soltanto
nei nostri sogni, nei nostri incubi, nelle nostre maledizioni, nelle
nostre accorate e reiterate proteste, ma anche nella realtà
quotidiana, di cui ci danno notizia, quotidianamente i giornali.
L'identikit del quartiere più
degradato della provincia di Napoli.
AFRAGOLA - Doveva essere
un centro residenziale all’avanguardia, fiore all’occhiello
della Campania, un nuovo modello di edilizia residenziale, un luogo
dove doveva battere un cuore, pulsante di vita, di un moderno quartiere
popolare. Piazze alberate, un ufficio postale, un pronto soccorso,
una grandissima galleria commerciale, una biblioteca, un teatro,
una prefettura.
Invece il disastro, la rovina, l’abbandono completo, il paradigma
del degrado urbano e della violazione dei diritti fondamentali dell’uomo
e del cittadino. La negazione della Costituzione, che vuole la “Repubblica”
impegnata a garantire lo sviluppo integrale della persona e a “rimuovere
tutti gli ostacoli” che lo impediscono. Le strutture pubbliche
costruite sono ormai il ritrovo di tossicodipendenti e di vandali,
che hanno distrutto tutto: dai vetri ai pilastri, dalle finestre
ai muri. Il pronto soccorso, il primo ad Afragola, sarebbe stato
attrezzatissimo, una struttura grandissima. E’ ormai uno squallore;
una maceria di cemento e immondizia. Incendiata la parte esterna,
i muri sono ‘bucati’ e sfarinati, il pavimento divelto
è totalmente ricoperto da detriti di vetri, intonaco, mattoni
di muri crollati e siringhe; gli ascensori, scardinati e bruciati
sono diventati tane per topi.
Le case e i cantinati, soprattutto, spesso sono pieni d’acqua.
Con le piogge, scantinati e piani superiori delle abitazioni subiscono
allagamenti nei locali seminterrati ed infiltrazioni negli alloggi.
Gli autobus di linea hanno cancellato le corse. I lampioni della
luce, quei pochi rimasti in piedi, in quasi tutto il quartiere sono
ormai fuori uso da parecchio: i cavi elettrici sono stati sradicati
e le lampade rotte.
Un tasso di criminalità altissimo, macchine rubate parcheggiate
per fare “cavalli di ritorno” e un accampamento di nomadi
che da qualche tempo si è impiantato sul territorio del quartiere.
Sembra di camminare in una città sopravvissuta ad un bombardamento
atomico. Edifici rasi al suolo e macerie, nient’altro che
macerie. E’ la città del “giorno dopo”.
Con 8 mila abitazioni su una superficie di 300 mila metri quadrati,
il quartiere “219” di Afragola è il più
degradato della provincia di Napoli.
“Dopo le nove di sera – afferma Andrea, un abitante
delle “Salicelle” – cala il coprifuoco e il quartiere
diventa “terra di nessuno”.
Auto e moto che sfrecciano rumoreggiando senza controllo e forze
dell’ordine quasi sempre assenti. Nessun vigile urbano. Nessun
negozio. Un ghetto. Un quartiere ai confini del mondo civile.
Svuotato di un’anima, il rione si è trasformato in
un mostruoso alveare di case immerse in un silenzio surreale.
In questo costesto di totale buio e abbandono le uniche lucine che
brillano sono rimaste la parrocchia e la scuola.
Molti parroci hanno chiesto il trasferimento per motivi di sicurezza.
Poi è arrivato don Ciro Nazzaro, che con una grandissima
forza di volontà ha iniziato una missione di recupero. Ha
riaperto la chiesa, cosa che prima gli altri parroci non riuscivano
a fare, cercando di coninvolgere con varie iniziative i giovani
del quartiere.
L’evasione scolastica è da record. Un centinaio le
famiglie del quartiere denunciate. L’istituto comprensivo
‘Europa Unita’ diretto dalla preside Maria Tufano e
il IV Circolo Didattico sono da sempre in prima linea, nonostante
la scarsità di risorse e mezzi. “Un’impresa disperata
– afferma un docente che cammina a piè sospinto per
non tardare a scuola – una lotta contro i mulini a vento”.
E una sorta di rassegnazione, che solca profondamente i volti dei
cittadini residenti, il cui diritto alla cittadinanza è qualche
volta una chimera, altre volte una speranza.
E chi non ricorda tutti gli episodi di violenza e di delinquenza
che da questo quartiere hanno avuto origine, di cui hanno parlato
televisioni e giornali? In quegli assassinii balordi, in quella
violenza efferata e gratuita, c’è la nostra responsabilità,
il nostro grado di concorso.
Fin quando esisterà il quartiere Salicelle così com’è
oggi, allora, la nostra umanizzazione non può dirsi realizzata.
La nostra colpa non espiata. E, non espiata, ritornerà non
soltanto nei nostri sogni, nei nostri incubi, nelle nostre maledizioni,
nelle nostre accorate e reiterate proteste, ma anche nella realtà
quotidiana, di cui ci danno notizia, quotidianamente i giornali.
Da questo inferno aperto, inaspettata, una intensa lettera elettronica
alla redazione, che pubblichiamo così come ci è arrivata,
senza cambiare una virgola; una lettera da un altro mondo; una lettera
che chiama tutti noi in causa, che mette a nudo le nostre colpe,
il silenzio spettrale della nostra indifferenza, che denuncia, inesorabile,
il nostro disinteresse, una abulia fatalista che sotto sotto considera
ineluttabile il destino che la sorte ha riservato a quelle persone
che lì abitano, a mo’ di espiazione di qualche peccato
primordiale da essi commesso. E’ una lettera molto forte,
senza fronzoli, che apre a chi legge un mondo diverso: una lettera
dall’inferno.
La vita qui è un inferno
Lettera al giornale di una
cittadina afragolese residente nel quartiere Salicelle: “la
vita qui è un inferno aperto”
Gentile Direttore
E’ da qualche mese che sono tentata di scriverla, ma non ho
mai avuto il coraggio di farlo. Ho letto il suo giornale a Pasqua.
Sono rimasta affascinata e la tentazione è diventata certezza.
Non so se mi pubblicherà la mia lettera, però io certe
cose le devo dire a qualcuno. Forse se non me la pubblica, io le
scriverò ancora, così avrò qualcuno che mi
ascolterà e che saprà ascoltarmi.
Vivo in una bella famiglia di sei persone, compresa la nonna, in
una casetta abbastanza piccola nel quartiere salicelle di Afragola.
Mio padre non ha un posto fisso però si arrangia e porta
abbastanza soldi a casa e noi viviamo abbastanza bene. Mangiamo
tutti i giorni e di questo ringrazio Dio.
Ho 19 anni e non ho finito gli studi perché mia mamma mi
ha chiesto di aiutarla nel suo lavoro che svolge a casa. Nonostante
qualche difficoltà economica, l’anno scorso, con l’aiuto
di mio padre, mi sono comprata un bel computer. L’ho fatto
quasi per disperazione, perché i miei genitori non i fanno
uscire spesso. Hanno ragione. Dove potrei andare?
Ho due fratelli molto più grandi di me, che lavorano fuori
e sono felicemente sposati. Due tre volte all’anno ci vengono
a trovare.
Spesso mi sento in carcere e scrivo poesie. Ne ho scritte quasi
duecento e non le nascondo che quando rileggo qualcuna, mi viene
da piangere. Forse no. Le ho raccontato una bugia. Non piango qualche
volta. Piango spessissimo. Quando viene sera, specialmente.
Ho conosciuto qualche amico su internet. Però mi devo collegare
quasi sempre di nascosto se no i miei si arrabbiano. Già
è un miracolo che paghiamo la bolletta, dice mamma. Ora ci
manca pure internet. La mia vita sta passando, e i miei giorni più
belli li sto passando a fare guanti e da sola. Qualche sabato, con
qualche amica che abita nella mia zona, tra le proteste dei miei
genitori faccio una passeggiata nel centro di Afragola, in piazza
presso la chiesa di S.Antonio. E anche questa è una tortura.
Dopo una certa ora, non passa nessun mezzo pubblico e quelli che
passano, se passano, rappresentano un grosso pericolo perché
spesso nono presenti dei bulli che ci terrorizzano.
Le confesso che non ce la faccio più. La mia vita diventa
sempre più difficile. E quando non lavoro, mi siedo in cucina
e tra le chiacchiere della nonna, il rumore della macchina per cucire
di mia mamma, scrivo poesie, tristi e malinconiche. E penso a come
sarebbe stata diversa la mia vita se la mia casa si fosse trovata
da un’altra parte e non in questo inferno che mi sta rubando
la gioia di vivere. Ebbene si. La vita qui è un inferno aperto.
A proposito: cerchi almeno di far arrivare il suo giornale nel quartiere
Salicelle. Qui non viene proprio distribuito. Sarebbe un segno di
interesse suo nei nostri confronti
Grazie
Con affetto
Maria
Da 'Asse Mediano' del 09-05-2004
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