Lo schiaffo dell'arroganza
Allora il Sommo Sacerdote interrogò
Gesù riguardo ai suoi discepoli e alla sua dottrina. Gesù
gli rispose: "Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre
insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono
e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me?
Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco,
essi sanno cosa ho detto". Aveva appena detto questo, che una
delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo:
"Così rispondi al sommo sacerdote?". Gli rispose
Gesù: "Se ho parlato male, dimostrami dov'è il
male, dimostrami dov'è il male; ma se ho parlato bene, perché
mi percuoti?".(Gv 18, 19-23).
Era martedì scorso.
Lo sciopero generale aveva prodotto i suoi effetti. La scuola elementare
'Marconi' era caratterizzata da un silenzio irreale. Salivo le scale
per recarmi nell'ufficio del dirigente. Obiettivo: scambiare quattro
chiacchiere con l'amico Gambuti, che non vedevo da tempo, verso
il quale mi legano anni di profonda stima e collaborazione. Uno
dei pochi uomini di Afragola, pensavo salendo le scale, di cultura
enciclopedica, di enorme intelligenza e di solidi principi morali.
Avevo, poche ore prima, letto con attenzione un articolo di Panebianco,
editorialista del Corriere della Sera, che senza mezzi termini leggeva
lo sciopero generale in chiave politica. La sinistra - diceva l'editorialista
- ormai utilizza la lotta sindacale come strumento e strategia politica
tout court. E' ormai pacifico l'ingresso in politica di Cofferati
che peraltro gli Editori Riuniti si apprestano a santificare con
una imminente pubblicazione che ha per oggetto la biografia del
'cinese' dal titolo emblematico: "L'ultimo leader".
"Ho letto anch'io quel fondo - diceva il presidente del Distretto
Scolastico - e questa posizione mi trova completamente d'accordo,
tanto è che non ho aderito allo sciopero - continuava Gambuti
- nonostante il mio essere schierato contro determinate e diverse
posizioni del Governo. Questo sciopero - diceva - non mi rappresenta,
non rappresenta le mie posizioni, non rappresenta le posizioni dei
moderati, come me".
Posizione forte, grave, autorevole, quella di Gambuti, sicuramente
frutto di un percorso di studio, di approfondimento, di riflessione;
riflessione che ha dovuto vagliare e prendere in considerazione
diversi elementi, che ha chiamato in causa numerose variabili interdipendenti,
che ha letto la questione considerando diverse chiavi: economica,
politica, lavorativa, etica, partendo da una necessaria pre-comprensione,
da un indispensabile orizzonte (Gadamer docet).
Domenica, chiacchieravo con un docente universitario napoletano,
altro mio amico carissimo, che mi annunciava che lo sciopero l'avrebbe
fatto e che le ragioni c'erano tutte. "Eppure - affermava -
quando mi sono trovato a parlare con alunni e amici, nonostante
le ferme e salde convinzioni che esprimevano pro o contro il Governo,
non avevano mai sentito parlare degli 'ammortizzatori sociali' né
sapevano darmi una definizione di 'economia liberista', né
avevano idea di cosa potesse essere 'lo stato sociale' o 'il libro
bianco sul lavoro'. Eppure - continuava il docente universitario
- erano irremovibili dalle loro posizioni e credevano misticamente
a ciò che dicevano".
E' possibile? Possibile che il cittadino abbia o meno aderito ad
uno sciopero non sapendo cos'è 'lo statuto dei lavoratori',
quando sia stato redatto e quali siano state le cause storico-politico-economiche
che l'hanno prodotto?
Sembra che tutti abbiano un'opinione. Tutti difendono a spada tratta
le proprie convinzioni e nessuno è disposto a concedere o
a rivedere le proprie idee, neanche nelle intenzioni. Bastano 5
minuti di Maurizio Costanzo Show per rendersene conto.
E' questa l'immagine di una società arrogante e violenta,
frutto e risultato di un profondo oscurantismo che caratterizza
la post-modernità. Ognuno arroccato nell'individualismo più
esasperato, dove l'altro è un avversario, se non un nemico,
da abbattere e da vincere.
In questo stato di cose, non c'è etica né morale perché
non c'è la persona, che per vocazione e per dimensione ontologica
è aperta - non a chiacchiere - all'altro.
Nell'era dei personal-media, dell'egoismo più esasperato,
dove tutto è centrato sull'avere, metro e paradigma dell'essere-apparire,
si può parafrasare Feuerbach, e affermare che l'uomo è
ciò che veste. E' il 'nuovo sofismo' dove è migliore
chi alza di più la voce, chi, indipendentemente dalla verità
oggettiva, riesce, con qualsiasi mezzo, ad affermare se stesso,
a mostrarsi vincente.
E se non sono d'accordo? Ti prendo a schiaffi.
Dal 'Cogito' del
21-04-2002
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