Natale di vergogna

Domenica scorsa lo vidi in chiesa che passava mentre tutti si scansavano per il fetore che emanava.
“Non giudicare - mi ripetevo - non biasimare gli altri per una colpa che grava con la stessa intensità, se non maggiore, sulla tua coscienza”.
Lo chiamano Calamone e vive ad Afragola in una baracca, sporco, pieno di insetti, denutrito e in uno stato igienico a mio avviso peggiore di quello che avrebbe sopportato un prigioniero di un lager nazista.
Fino a quando questa cultura dell’indifferenza, che veste magnifiche vesti di ostentazione?
Fino a quando lo sterile, farisaico e perbenistico ritualismo dell’essere più buoni a Natale?
Fino a quando la cultura della solidarietà, quella vera, rimarrà subalterna?
Son troppo stanco per rispondere stanotte.
Tristezza, rimorso, e percezione del poco che si è fatto e dell’enorme cammino che c’è da compiere.
Rimango solo e mi viene una gran voglia di piangere.
Nel frattempo mi lascio cullare da una incontenibile speranza: la stessa speranza chi mi ha spinto a combattere allo stremo delle forze perchè questo giornale prendesse vita: le cose cambieranno, se i poveri lo vogliono.
Casoria 21 dicembre 1995: 0re 3,30

Dal 'Sud' del 23-12-1995

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