Qui si respira la libertà
Amaro lo sfogo del redattore Salzano
che sceglie la lettera aperta al Direttore per esternare la sua
amarezza in merito ad accuse infamanti che qualcuno gli avrebbe
rivolto.
Caro Direttore
lo scopo di questa mia lettera è quella di fare chiarezza
riguardo la mia collaborazione a questa testata e del ruolo da me
ricoperto.
Vorrei anzitutto partire dalla premessa che sono io il solo redattore
degli articoli, che a mia firma vengono pubblicati e dico questo,
perché sono stato accusato da qualche politico afragolese
di essere nient’altro che una firma e che i miei articoli
fossero in realtà opera di qualcun altro. La cosa ha prodotto
in me molta amarezza e sconforto. Non c’è nulla di
più falso e chiedo a lei di dare in merito ulteriori conferme.
Io posso sostenere senza alcuna palpitazione che il mio, e ripeto
mio, operato è libero da qualsiasi vincolo e da qualsiasi
ideologia, che sia essa politica o di altra natura e che non ho
mai firmato un articolo che non sia stato da me composto.
La mia giovane età potrà stupire qualcuno, ma posso
garantire che quanto da me prodotto è supportato da indagini
e ricerche personali che mi costano fatica e sudore ed è
un lavoro che nasce da lunghe notti trascorse nell'aula consiliare
passate a scrivere pagine e pagine di appunti, che nasce da una
passione per la politica, quella vera, a cui mi sono accostato da
tre anni a questa parte e che seguo con entusiasmo e passione.
Lo ripeto: non sono lo scrittore di nessuno, se non del lettore
che è il solo e unico riferimento da cui voglio e faccio
dipendere quello che dico e di cui me ne assumo, insieme a Lei,
naturalmente, tutte le responsabilità.
E' molto umiliante sentire gente che ti accusa di essere un burattino,
tanto più se non lo sei e deprechi chi ricopre - molti, purtroppo
- questo ruolo.
Colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che mi permettono
di svolgere liberamente questo ‘lavoro’ i colleghi redattori
di questa testata, l’editore e lei in primo luogo.
Afragola, 4 giugno 2002
Con osservanza
Alessandro Salzano
Carissimo Alessandro
Non so cosa sia successo, nè ho insistito per saperlo. So,
però, che quanto ti è accaduto, forse qualche parolina
detta da qualcuno, ti ha profondamente turbato. Tanto è che
ti ho pubblicato questa lettera che mi hai fatto trovare in redazione
senza chiederti altro e non ti nascondo che dopo tanti anni di giornalismo
è la prima volta che mi capita una cosa del genere. La cosa,
però, non capita a sproposito. E’ forse l’occasione
per chiarire alcune cose, per chi queste cose non le conoscesse
già, ovviamente.
Fino ad ora, caro Alessandro, in redazione non ne abbiamo mai parlato.
Eppure la cosa sembrava così scontata che non ho ritenuto
opportuno farlo. Nella redazione di Cogito, e questo l’hai
potuto toccare con mano, si respira aria di democrazia e libertà.
E’ forse questa la forza e la fortuna di questo giornale,
forza di una testata che non è legata politicamente a nessuno,
che ha un direttore che fa letteralmente il direttore e che ha giornalisti
che fanno - e tu ne sai qualcosa - letteralmente i giornalisti.
Probabilmente a questa persona che ti ha detto qualcosa credo che
non siano consoni ambienti democratici e che ambienti come quello
della redazione del nostro giornale, non facciano parte del suo
orizzonte ermeneutico. Su Cogito firma chi scrive.
La sconfinata libertà di cui godiamo, e questo non può
che essere il segno della notevolissima intelligenza del nostro
editore, cosa che oggi è purtroppo poco comune, fa forse
invidia a qualcuno. E il mio nome nella gerenza, come direttore
responsabile, è la garanzia di tutto questo.
Non faccio solo questo nella mia vita. Nè ci guadagno.
E per fare Cogito spendo
molto del mio unico e preziosissimo tempo che l’Onnipotente,
nella sua immensa misericordia, ha deciso di donarmi. Evidentemente
ne vale la pena.
Non soffrire, caro Alessandro, per queste cose. Quante altre ancora
ti capiteranno! Le speranze e i sogni vanno difesi. Contro tutto
e tutti e soprattutto contro la vacuità ontologica di chi
vive per morire. La nostra scelta è diversa. Tu, come me,
penso che prima dell’ultimo respiro abbia qualcosa da lasciare,
un piccolo contributo da offrire, un sogno da realizzare. Non perderli
mai i tuoi sogni. Tienili stretti e non lasciarteli strappare dai
‘maestri del nulla’. Questi, diceva Cristo nel Vangelo,
farebbero meglio ad attaccarsi una macina al collo e a buttarsi
in acqua.
Lo vengano a dire a me quello che ti hanno detto!
Eppure non credo che costui o costoro abbiano tale forza semantica
o capacità argomentativa.
Con affetto
Tommaso
Travaglino
Dal
'Cogito' del 7-04-2002
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