Sommersi dal cemento
Lo scempio incontrollato del nostro
territorio si manifesta nella scomparsa delle campagne e degli ambienti
naturali.
Il nostro territrio è un bene prezioso. Non va svenduto.
Il problema dell’abusivismo
edilizio in Italia e in particolare nella nostra zona è un
problema atavico e deriva da motivi di tipo diverso.
E’ il maggior pericolo per la città: il consumo selvaggio,
rovinoso ed inarrestabile del suolo, che sommerge sotto il cemento
e l’asfalto buona parte del territorio.
Questo scempio incontrollato e devastante del nostro territorio
è reso ancora più evidente dalla rarefazione progressiva
delle campagne, degli ambienti naturali e del prezioso territorio,
che si sacrifica ineluttabilmente a mostri cementizi disorganici,
dove la bruttura e il degrado la fa da padrone.
Acerra, Afragola, Casalnuovo, Cardito e chi più ne ha più
ne metta.
Il nostro territorio è un bene prezioso. Non va svenduto.
E’ questo un concetto che deve assumere centralità
strategica nel “fare” politico delle nostre Amministrazioni.
L’area a nord di Napoli non è la sola a soffrire di
questo fenomeno funesto. L’area Vesuviana, Ischia e Capri,
i Campi Flegrei, l’agro nocerino-sarnese e mille altri luoghi,
a volte carichi di bellezza e di storia, sono stati letteralmente
massacrati.
Edifici realizzati in totale assenza di concessione edilizia, in
genere su aree dove gli strumenti urbanistici non ne consentirebbero
comunque il rilascio.
E’ un fenomeno esploso nelle periferie cittadine nel dopoguerra,
ed è innegabile che, in buona misura, abbia costituito una
risposta emergenziale alla necessità di abitazioni degli
strati più poveri della popolazione inurbata, che in larga
parte dipendono anche dalla posizione geografica in cui si sono
concentrati, ma che sostanzialmente possiamo ricondurre a una situazione
politica, legislativa e amministrativa non sempre efficiente, spesso
clientelare e sostanzialmente incapace di prevedere e gestire in
modo serio il territorio e le “domande locali” di trasformazione.
L’ abusivismo edilizio proprio in questi ultimi mesi ha registrato
un enorme incremento proprio a seguito del Decreto Legge 269 del
30 settembre dell’anno scorso, convertito in Legge 326 del
24 novembre, che apre le porte ad un nuovo condono edilizio.
Forse proprio in virtù della nuova legge in molti comuni
della nostra Provincia, non pochi sconsiderati hanno ritenuto lanciarsi
in realizzazioni abusive, anche dopo il 30 marzo, con l’intento
di usufruire comunque del condono, cercando di far credere che le
costruzioni fossero esistenti già prima di quella data.
Le iniziative di vigilanza pur incisive realizzate dai comuni in
collaborazione spesso con Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia
di Finanza per contrastare il fenomeno in particolare in questa
fase di espansione, pur limitandolo, hanno dovuto spesso registrare
delle sconfitte.
Per come è stata gestita, l’operazione condono non
ha fatto che rafforzare la diffusa convinzione che, prima o poi,
tutto sarebbe stato sanato, anche gli abusi a venire.
La chiave per ridimensionare il problema dell’abusivismo e
di qualsiasi atto di cattiva gestione del suolo non può risiedere
nell’assunzione di un modo di procedere a colpi di deroghe,
sanatorie.
In tal modo la legge condono non può non finire per essere
utilizzata come normale azione amministrativa che legittima abusi
e illeciti piccoli o grandi anche in zone pregevoli. Il problema
va spostato su un piano diverso, ossia quello di una diversa regolamentazione
degli usi del suolo e degli interventi edilizi tramite l’approvazione
di nuove leggi urbanistiche regionali e strumenti tecnici di programmazione
più flessibili e rapidi.
La pubblica amministrazione ha il compito di mantenere il controllo
delle operazioni e garantirne la più totale trasparenza,
anche se con norme, atti e progetti più “permissivi”
e capaci di rispondere alle singole domande locali di edificazione,
garantendo la massima qualità ed efficienza dei servizi.
In questo senso il Comune avrebbe il controllo pressoché
totale del proprio territorio.
Nel frattempo occorrerebbe non solo intensificare i controlli ed
il monitoraggio del territorio ma sarebbe senz’altro utile
il non prorogare oltre il 31 marzo 2004 il termine per la presentazione
delle domande di condono.
Su questo tema, che investe gran parte dei nostri Comuni, penso
che sia utile una riflessione allo scopo di trovare una posizione
comune. Sarebbe, magari, possibile un coordinamento od un confronto
delle varie Amministrazioni dell’area a Nord di Napoli per
concertare un’azione comune e congiunta. Un “forum”
permanente di confronto sullo sviluppo sostenibile, da noi già
auspicato qualche tempo fa, potrebbe prevedere un “coordinamento
funzionale” su diversi temi, tra cui quello del fenomeno dell’abusivismo
edilizio.
Nel frattempo una ingegnosa, anche se isolata iniziativa messa in
atto dall’Amministrazione di Casalnuovo che ha deciso, nientedimeno,
che di filmare le aree libere per prevenire la costruzione abusiva
di edifici scatenata dalla recente legge sul condono, che porterà
nelle casse dello stato tre miliardi e trecentocinquanta milioni
di Euro. L’obiettivo, argomenta il sindaco Peluso, è
quello di cercare di prevenire gli abusi.
“La ripresa “televisiva” è un escamotage
resosi necessario – argomenta il sindaco di Casanuovo –
per datare con certezza lo stato dell’arte. La datazione serve
per documentare eventuali abusi successivi a marzo 2003. In tal
modo, l’autore della eventuale costruzione non può
farci credere che l’edificio abusivo sia anteriore a marzo
2003. La legge sul condono, infatti, “sana” gli edifici
costruiti prima di questa data”.
“Da parte nostra – afferma Pasquale Giglio, vicesindaco
di Afragola - abbiamo revocato circa 1000 autorizzazioni, tra sottotetti,
capannoni e case coloniche perché erano tutte autorizzazioni
rilasciate dall’ex ingegnere capo dell’Ufficio Tecnico
in difformità allo strumento urbanistico del comune di Afragola.
In vista della scadenza del condono, poi, la nostra attenzione è
sui livelli di massima allerta. Abbiamo avuto diversi incontri con
la guardia di Finanza, con i Carabinieri e Vigili Urbani per cercare
soluzioni relative alla prevenzione del fenomeno. Nel bilancio 2004,
inoltre, abbiamo previsto la cifra di 100.000 Euro per finanziare
la demolizione delle opere abusive. Recente – aggiunge Giglio
- è la delibera che prevede una norma di salvagrurardia della
zona intorno alla stazione TAV. Questo è un lavoro che ho
fatto con la collaborazione dell’ex assessore alla legalità
Vittorio Mazzone”.
Eppure i problemi grossi non mancano,
né tarderanno a fare capolino, soprattutto nelle aree dove
sono allocati e dove stanno per nascere i grandi insediamenti commerciali
e strutturali. E parlo dell’Ipercoop, dell’Ikea, della
Stazione Porta e del Polo Ospedaliero afragolese e di quello Pediatrico
acerrano. Il flagello della deturpazione del territorio è
una pesante spina nel fianco alla dimensione umana della vita nei
nostri paesi.
Da qualche settimana la radio della mia macchina ha smesso di funzionare
e, tanto per non smentirmi, non ho ancora avuto il tempo per farla
riparare. Non potendo ascoltare niente, lunedì pomeriggio
ero immerso in questi pensieri, tornando da Torre del Greco, dove
ero stato impegnato in una assemblea che mi aveva sfibrato. Erano
le tre del pomeriggio. Le strade libere dal traffico in uno scenario
irreale favorivano, mentre guidavo, il mio viaggio fantastico in
una città a dimensione umana. Vivevo immerso nel verde di
una natura che faceva da cornice alla mia casa, dove si poteva ancora
ascoltare il canto degli uccellini che nidificavano tra le chiome
degli alberi. Sicuramente un cerro, che avrei piantato davanti alla
mia finestra. La sua chioma estiva è poesia sublime e i suoi
rami invernali un quadro naiv.
D’improvviso il cuore si strinse come in una morsa.
Lì, sul ciglio della strada, gli occhi persi nel vuoto, bella
come in un quadro, una volpe, morta.
Ero in località “Cantariello”, appena uscito
dall’autostrada. Quella immagine straziante, il rumore delle
ruspe, il fragore assordante di un aereo che mi sovrastava di poche
centinaia di metri.
La mia esistenza si fermò. In quell’istante. E un’immagine
si impresse nella mia mente.
L’immagine di quella volpe, bella come in un film di Walt
Disney, stesa sul selciato. E nei suoi occhi la radura della sua
giovinezza devastata dalle ruspe, gli alberi dove si nascondeva
dalla madre per giocare, abbattuti. E al loro posto una maceria
umbratile di cemento. Il cemento di una morte di solitudine, di
sconforto, di tristezza.
Dal 'Asse Mediano' del 14-03-2004
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