Umilmente
Nati per scommessa, andati
avanti con la sola forza dell’entusiasmo, morti sommersi dai
debiti, a cui abbiamo dovuto far fronte dando fondo a tutti i nostri
sudati risparmi. Questa la nostra breve e sofferta storia, una storia
di soli 5 mesi; storia di entusiasmo, di lavoro massacrante, storia
di notti insonni passate sui computers, storia di intense amicizie,
storia di combattimenti e delusioni, storia di pianti. Solo 5 mesi
e 7 edizioni del Sud; mesi, dicevamo, vissuti intensamente, mesi
nei quali abbiamo sperimentato dell’amicizia, mesi nei quali
abbiamo sperimentato la forza altrettanto grande della cattiveria,
mesi nei quali abbiamo conosciuto la forza dell’invidia. Non
posso non pensare, nello scrivere queste poche righe, a tutte le
persone che, nelle vesti di angeli di luce, si sono rilevate degli
“strani” angeli, quegli stessi angeli facenti parte
di quel terzo delle schiere celesti precipitate dall’Onnipotente
nell’abisso, nell’Ade ctonia, dove, nelle vesti di novelli
caronti, ci hanno legati come salami e traghettati in maniera coatta
nei meandri degli infari attraverso il nero stige dell’inganno.
Ora siamo di nuovo in edicola, umilmente.
Umilmente, pronti a ricominciare da zero, grazie all’amico
Ciro Salzano, che in qualità di editore ci ha convinti a
non mollare e ci ha trasfuso il suo dirompente spirito di entusiasmo
e la sua professionalità manageriale; umilmente di fronte
a chi ha deriso le nostre speranze e ha beffeggiato i nostri sogni;
umilmente di fronte - ma come sono cattivo oggi! Quasi non credo
a ciò che scrivo - a chi sperava che restassimo buoni buoni
nel baratro; umilmente di fronte a chi ha gioito della nostra risurrezione;
umilmente di fronte a chi crede che io abbia sbagliato in qualche
cosa o che abbia volutamente perpetrato qualche cattiveria nei suoi
confronti ed è in qualche modo adirato verso di me tanto
da non farsi sentire più. Come, inoltre, ricordare con riconoscenza
gli amici dell’A.D.C.A., l’affettuoso Leopoldo tremante,
mio padre, che ci ha rimesso parecchi milioni senza battere ciglio
e quanti ci sono stati vicini?
Eppure quante ne ho viste in questi pochi mesi! Ed ora rieccomi
finalmente con la penna in mano, strumento catartico, sublimazione
lautretica che consente al mio spirito libero ed eclettico di esternare
quando ho dovuto giocoforza reprimere.
La storia insegna. Questo adagio vale per chi, umilmente, tende
l’orecchio per ascoltarla.
Dal 'Sud' del 16-03-1996
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