Uno spiraglio di luce


La redazione di Asse Mediano augura ai lettori di vivere un Natale nella pienezza della propria umanità; di riscoprire, in occasione del Natale, l'altissima dignità alla quale siamo
chiamati; soprattutto a chi, di questa umanità, gli è rimasto
solo un ricordo vago e remoto

Era mercoledì sera. Sua Eccellenza don Giovanni Rinaldi, vescovo di Acerra era affannato. Aveva appena salito le scale interne dell’episcopio per sedere con noi e scambiare quattro chiacchiere.
Forse, però, il suo affanno era più profondo e affondava le sue radici nelle scale che ogni giorno sale nel portare avanti con determinazione il suo apostolato, raccogliendo le sfide della sua comunità. “Una comunità – affermava il pastore di Acerra – che ha smarrito l’originalità e la forza dirompente e rivoluzionaria del vangelo cristiano. Essere cristiani – argomentava il prelato – significa andare oltre il semplice formalismo. E’ riscoprire la gioia dell’incontro con il Cristo, la gioia di essere con Cristo, quel Cristo che ha vinto la morte e che ci ha donato lo Spirito di risurrezione”.
Questo, probabilmente, il motivo ispiratore della missione conclusa da pochi giorni, che ha visto impegnati 150 missionari, che hanno coinvolto Acerra e Licignano per ben dodici giorni.
“Oggi, - continuava il Vescovo – Acerra è terra di missione, come l’occidente tutto è terra di missione. Il Natale che ci apprestiamo a vivere, rischia di essere una ricorrenza svuotata del suo vero significato, del suo senso più profondo”.
E forse il significato profondo del Natale è da cercare nella discesa umiliante del Figlio di Dio che con l’incarnazione assume la condizione umana: Egli precipita fino allo “svuotamento” (in greco c’è una parola divenuta significativa nella teologia, kénosis) di tutta la sua gloria divina nella morte in croce, il supplizio dello schiavo, cioè l’ultimo degli uomini, per poter essere in tal modo vicino e fratello dell’intera umanità.
Questo atto, della nascita, della natività di Cristo è l’emblema e il segno più alto e significativo dell’amore di Dio per me e per ogni uomo.
“Questi, pur avendo la condizione di Dio, non volle approfittare dell’essere uguale a Dio, ma svuotò sé stesso, assumendo la condizione di schiavo. Divenuto simile agli uomini e presentatosi in forma umana, umiliò sé stesso, facendosi obbediente fino alla morte di croce” .
Cristo è l’uomo. E’ il prototipo. E’ il paradigma dell’uomo vero. Che sa che la vita si conquista passando attraverso lo svuotamento, l’incarnazione, la morte di croce, l’amore per l’altro senza condizioni, senza sotterfugi, senza doppi significati.
E se anche un uomo parlasse le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avesse l’amore per l’altro, fino a morire per esso, fino a pregare per i suoi nemici e persecutori, sarebbe come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avesse il dono della profezia e conoscesse tutti i misteri e tutta la scienza, e possedesse la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avesse l’amore, non sarebbe nulla. E se anche distribuisse tutte le sue ricchezze ai poveri e desse il suo corpo per essere bruciato, ma non avesse l’amore, niente gli gioverebbe. L’amore è paziente, è benigno l’amore; non è invidioso l’amore, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
Solo chi vive in questi termini vive la vera umanità, realizza nella pienezza il suo essere uomo.
Cristo, tutto questo l’ha realizzato e s’è posto come modello donandoci la forza del suo Spirito perché lo potessimo realizzare.
“Perciò Dio lo ha esaltato sopra ogni altra cosa, gratificandolo con un nome che supera ogni altro nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio degli esseri celesti, terrestri e sotterranei e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore a gloria di Dio Padre”.
Vivere il Natale, allora, nella pienezza, è realizzare questo amore, e vivere di questo amore. Vivere il Natale è permettere al Cristo, all’uomo nuovo, che vive dell’amore col quale Cristo ci ha amati, di nascere nella nostra vita, di aprire uno spiraglio.
Uno spiraglio di luce sulla nostra esistenza.
Auguri.

Da 'Asse Mediano' del 21-12-2003

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