Venti di intolleranza

E’ di questi giorni l’approvazione di un decreto che ha fatto molto discutere. Si tratta delle “disposizioni urgenti in materia di politica dell’immigrazione e per la regolamentazione dell’ingresso e del soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini non appartenenti all’unione europea”. Il decreto, pubblicato il 19-11-95 sulla Gazzetta Ufficiale, è trasmesso alle Camere; tempo sessanta giorni per farne una Legge dello Stato.
Un decreto che ha fatto molto discutere, dicevamo, e che ha scatenato pubbliche manifestazioni di protesta: a Caserta come a Torino. Poche, a mio avviso in virtù di un atteggiamento dominante che approva e avalla un operato che, lungi dall’essere tacciato di razzismo (chi fa discorsi razzisti o etnico-discriminanti, cerca in tutti i modi di giustificare le sue tesi con argomentazioni che rasentano l’assurdo), ne ripropone, di fatto, tutti i tratti peculiari.
La politica esprime traduce e concretizza la filosofia, o meglio l’antropologia che è alla base. Anche quest’ultima espressione legislativa, non si smentisce. Spia e termometro di una società malata, egoista e che viaggia sempre più velocemente verso la solitudine socio-ontologica, quest’ultimo decreto legislativo, condannato immediatamente, peraltro, dal Pontefice, che si scaglia letteralmente contro di essa, chiedendo rispetto per tutti i fratelli, è un segno dei tempi, molto forte ed esplicito. Il segno di una società che ha ormai idolatrato l’avere, che vive per consumare e per riempire il ventre. Il segno di un abisso, di una voragine assiologica che sta fagocitando nell’orizzonte degli eventi del buco nero dell’era post-consumistica, quel che rimane della persona.


Dal 'Sud' del 23-11-1995

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