Vicino ai 'poveri'

Grandi festeggiamenti e decine di migliaia di fedeli in onore del Santo taumaturgo venerato nel Santuario Afragolese.

Il Santuario di S.Antonio ad Afragola ha accolto anche quest’anno migliaia di pellegrini, venuti da ogni dove per vivere un esperienza di fede e di rinnovamento spirituale. La festa del Santo il 13 giugno, il pellegrinaggio della statua per tutte le strade della città e la spettacolare ‘ritirata’ di giovedì scorso dove quasi cinquantamila persone hanno assistito alla fine del pellegrinaggio e ai notevoli spettacoli pirotecnici. Era e resta grande, la devozione degli afragolesi al Santo di Padova, dovuta, forse, più che alla lunga serie di prodigi, al fatto che Egli con il suo stile di vita e con i suoi miracoli si sia messo dalla parte dei poveri e dei perseguitati. C’era un motivo non sentimentale né sociologico per denunciare con tanta forza i potenti per il loro egoismo e per le loro prevaricazioni: essi rompevano la solidarietà cristiana fondata sul battesimo, che ci rende membri di un'unica famiglia, senza privilegi o differenze che ci separino solo perché di razza o cultura o ceto diverso. L’attenzione del Santo era rivolta ai diritti e alla dignità dell’uomo, contro ogni prevaricazione ed ogni egoismo: e tra gli uomini, il suo amore era rivolto innanzi tutto agli ultimi: sono i poveri, i semplici – scrive il Santo – gli illetterati, i contadini, le vecchierelle che hanno sete di Dio. Antonio sceglie uno stile di vita che aiuta a capire gli altri e lo rende amico di quanti Egli chiama i fratelli di Cristo povero. Antonio era membro di una ricca famiglia di Lisbona; aveva tutte le possibilità per vivere in una posizione di privilegio nella società del suo tempo. Invece preferì divenire discepolo di Francesco d’Assisi e in tutta la vita, soprattutto negli ultimi dieci anni d’apostolato, divenire il grande difensore dei poveri. Molto spesso il santo taumaturgo, nei suoi discorso è stato molto duro con i ricchi, i prepotenti, gli usurai. L’autore della ‘Vita prima’ scrive: “Faceva restituire ciò che era stato tolto con l’usura e con la violenza. Si giunse a tanto che, avendo ipotecato case e terreni, se ne poteva il prezzo ai piedi di lui e, per suo consiglio, quanto era stato tolto veniva restituito rimborsandone il valore o supplicandone il condono”. Frate Giovanni de la Rochelle, frate minori morto nel 1245, attesta: “Nel nostro tempo mai abbiamo udito un consolatore così dolce dei poveri e un così aspro accusatore dei potenti”.
Il difensore dei poveri, poveri del mondo di ieri e soprattutto del mondo di oggi. Un mondo sfiduciato, quello odierno, che non ha più modelli validi, positivi; un mondo costretto ad attingere a modelli prefabbricati; mondo di povertà sociale, culturale, antropologica, etica. Un mondo di sofferenza atroce per una realtà degradata; un mondo di solitudine. Un mondo dove si ergono a modelli archètipi pensati ed ideati di santa pianta per trasfondere nelle vene del consumatore bisogni per niente primari, bisogni indotti, sovrastrutturali, che nascondono sotto un’ammasso di ciarpame, la sublimità dello spirito; che affogano in un marasma antropologico quel che resta della persona.
E’ proprio questa la società dei nuovi poveri, società del consumismo più sfrenato, che ha idolatrato il denaro, la vita comoda che non comporta eccessive preoccupazioni, che fugge dal dolore perché sgomenta e atterrita di fronte alla croce.
Questa società dei nuovi poveri ha una risposta a tutte le ansie, a tutti i problemi di matrice esistenziale, psicologica e sociale; una risposta che si configura come annullamento della domanda, come appiattimento dell’uomo; società che registra più di diecimila ragazze che occorrono assatanate per fare le veline a Striscia la Notizia o per essere inquadrate per qualche secondo da qualcosa che almeno assomiglia ad una telecamera. E’ il mondo del non pensiero, della povertà dell’uomo, della distruzione della persona.
Il Santo di Padova oggi? Il suo messaggio ai cittadini afragolesi del 2002?
Quella nostra è una povertà dalla quale ci si può rialzare, una povertà che si può sconfiggere, che è più grave, infinitamente più grave e funesta della povertà materiale. E’ il nuovo orizzonte della povertà dal quale si può, si deve uscire. Sta a noi decidere. Il santo dei poveri ci è vicino.

Dal 'Cogito' del 23-06-2002

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