Il mio intervento sul racconto di Tommaso Travaglino "Il
Mare Perduto" potrebbe essere intitolato: "Qohelet
e Simon, due testimoni dell'esperienza ebraica del trascendente".
Quando Tommaso Travaglino, che è stato uno dei miei
alunni più brillanti presso l'Istituto di Scienze
Religiose di Largo Donnaregina, mi ha proposto di presentare
il suo racconto, avevo della perplessità perché,
trattandosi di un genere di letteratura che esula dalle
mie competenze, temevo di non poter rendere adeguatamente
il valore dell'opera. Ma quando ho aperto questo breve romanzo
e ho trovato la prima citazione del Qohelet, ho capito che
un singolare destino intellettuale ci aveva accomunati in
questi lunghi anni di separazione: la ricerca della sapienza
sulla linea del Qohelet, il libro più enigmatico
ed affascinante dell'Antico Testamento. Secondo me la chiave
di comprensione di questo romanzo, che a una prima lettura
può sembrare ermetico e criptico, si trova proprio
nell'ispirazione qoheletiana. Così si legge infatti
a pag. 9:
"Pensavo e dicevo tra me: "Ecco, io ho avuto una
sapienza superiore e più vasta di quella che ebbero
quanti regnarono prima di me in Gerusalemme. La mia mente
ha curato molto la sapienza e la scienza". Ho deciso
allora di conoscere la sapienza e la scienza, come anche
la stoltezza e la follia e ho compreso che anche questo
è come inseguire il vento, perché molta sapienza
è molto affanno; chi accresce il sapere, aumenta
il dolore. (Qo 1,16-18). Hokmah, la Sapienza, è il
personaggio-chiave di tutto il romanzo. Si tratta, però,
di una sapienza che non è sicurezza di senso e di
conoscenza, ma inquietudine e sofferenza e che non a caso
si coniuga con la stoltezza e con la follia. Il protagonista,
Simon, anela alla Sapienza più che ad ogni altra
cosa, ma si trova come sospeso in un vuoto che squarcia
brutalmente la sua esistenza: "Quel giorno dietro la
finestra stetti molte ore a guardare fuori. Vedevo cose
senza senso che non avevano relazione alcuna tra loro. Ebbi
la sensazione che la mia vita vissuta fosse slegata completamente
dal contesto logico che io mi sforzavo di assegnarle: era
tutto --non so come dire-- convenzionale, artificioso, deficiente
di significato apparente" (pag. 13). Come nel libro
del Qohelet, così anche nel romanzo la ricerca della
Hokmah si coniuga con l'esperienza dell'assurdo, un tema
che ha impegnato la letteratura mondiale per tutto il Novecento.
E' questo l'altro fondamentale polo di riferimento perché
il lettore possa inoltrarsi, insieme al protagonista del
romanzo, nel sentiero della conoscenza. Il linguaggio iniziatico,
che l'autore mutua dalla letteratura chassidica, diventa
lo strumento privilegiato per delineare il sofferto percorso
interiore del protagonista, un ebreo che ha vissuto l'esperienza
della Shoah. Come per Qohelet, così anche per Simon
la Hokmah è irraggiungibile ma la consapevolezza
che è impossibile possedere la Hokmah segna in modo
ineluttabile l'esistenza di Simon lasciando in lui un senso
profondo di insoddisfazione: "Ero in lacrime, piangevo
a dirotto: "Non mi basta il tuo amore, Hokmah, non
ti sento, non ti vedo, non mi sei accanto. Voglio essere
abbracciato--piangevo--voglio che tu mi stia accanto, che
mi stringa forte, che senta il tuo respiro, che senta le
tue forti braccia intorno alla mia vita, che senta la tua
carnale protezione" (pag. 45). A differenza di Qohelet,
che dalla riflessione sulla vanità fa scaturire il
messaggio della gioia di vivere, Simon ha scelto la via
dell'unione mistica con la Hokmah ma il suo rapporto con
la Sapienza è diventato ormai conflittuale: l'anelito
alla comunione mistica si scontra con i bisogni carnali
della sua umanità. Egli ama Francesca ed è
questo amore che lo salva dalla follia assoluta.
Forse la differenza tra Qohelet e Simon è dovuta
al fatto che Simon ha vissuto la Shoah e questa esperienza
gli ha tolto per sempre la possibilità di vivere
un'esistenza serena e gioiosa. Il dolore diventa sempre
più forte e insopportabile; è un mare forte
e tempestoso che non lo abbandona mai. Il mare perduto diventa
allora l'emblema della condizione umana, segnata dall'ansia
della ricerca e dal bisogno di un sapere totale e onnicomprensivo
che l'uomo non potrà mai possedere perché
esso spetta soltanto a Dio. In questa sua apertura alla
Trascendenza Simon si ricollega ancora una volta a Qohelet
che con il suo enigmatico messaggio ci conduce alle soglie
del mistero.
In conclusione mi sembra però importante sottolineare
come questa mia presentazione del racconto di Tommaso Travaglino
sia soltanto una delle possibili letture di questo avvincente
romanzo. Come ogni testo letterario, esso si apre a molteplici
livelli di interpretazione a seconda del punto di vista
dal quale ci si pone e proprio in questo risiede il fascino
di questo lavoro che ha il pregio di stimolare alla ricerca
chiunque desideri avventurarsi nell'oceano della conoscenza.