Giuseppe Giacco, storico

L'intervento del professore Giuseppe Giacco in realplayer

 

Prima di iniziare, consentitemi di mostrare compiacimento per questa bella iniziativa, perché la cultura è l'esercizio dell'intelligenza e, quando il cervello è sveglio e presente a se stesso, il lavoro prodotto è razionale e positivo, mentre (diceva Goya) il sonno della ragione genera mostri, cioè l'irrazionale, l'abnorme, l'incredibile. Perciò ho accettato di buon grado di partecipare a questa manifestazione.
Tommaso Travaglino verso le cose artistiche ha sempre dimostrato grande propensione e talento. Lo ebbi come attore (ovviamente protagonista) nel mio Teatro Sperimentale Giovanile (quand'era un ragazzo promettente): eravamo nel 1980 e si portava in scena un'edizione da me curata della "Cantata dei Pastori". Oggi lo ritrovo direttore di Cogito, promotore di cospicue iniziative culturali, che hanno riscosso l'attenzione degli Amministratori di Casalnuovo e me ne compiaccio. Soprattutto egli è autore di un racconto che fa pensare: Il Mare perduto. Tutto questo significa che le promesse di oltre vent'anni fa sono state tutte mantenute.
Il libro è stato più volte presentato questa sera, perciò io non aggiungo altro, se non qualche riflessione appena, proprio per rendere omaggio all'autore.
In queste pagine, a me sembra, Tommaso Travaglino si rivela autore di vasto respiro. Il suo personaggio è continuamente visto nella piccolezza della dimensione umana, finita e limitata rispetto a quella macrocosmica. Egli ci narra una vicenda in cui si interpongono, come tappe obbligate e obbligatorie della storia dell'uomo, simboli e figure della cultura ebraica. Alla storia del macrocosmo (che il giovane vorrebbe comprendere ed interpretare), si contrappone la storia del singolo: storia piccola che scaturisce dalla storia ‘grande’. Il singolo, questa storia rivive e deve perpetuare; perciò l'autore cerca di ravvisare parallelismi e corrispondenze, ma si ritrae spesso confuso ed abbattuto, sofferente nella storia del passato ed in contrasto -con essa, come sente se stesso in contrasto con il tutto. L'autore molte cose non spiega e lascia nell'indeterminato; ma l'indeterminatezza dà l'impressione di una storia senza confini.
Il discorso, che è lucido e poetico dal punto di vista stilistico, presenta arcane consonanze con i maggiori poemi mondiali, che evidentemente ne costituiscono il substrato culturale: dalla Divina Commedia al Cantico dei Cantici, l'Apocalisse... ma anche i maestri del surrealismo. Simòn (come già Dante) piange e sviene nei momenti importanti per l'incapacità a vivere e descrivere la realtà, in cui è tuttavia coinvolto. Il mare perduto (quello piccolo, quello delle passioni terrene: 'la scienza, l'amore, la bellezza...) è visto con rimpianto e disperazione profonda.
Ma nel caso di Travaglino, ogni impressione va doverosamente rivista e approfondita, perché Il mare perduto è un'opera complessa, che si presta a diverse chiavi di lettura e pertanto richiede continua riflessione e particolare attenzione, se si vuole penetrare a fondo il messaggio. Molte cose (come ho già detto) sono state lasciate nell'indeciso e nel vago, certamente non per superficialità o distrazione, perché si tratta di evidenti accorgimenti stilistici ed artistici, dei quali il Travaglino, dal momento che è qui presente, è sollecitato (stavo per dire quasi "obbligato") a rendere conto, perché il testo fatto più chiaro lo si legge più volentieri. Quindi auspico un intervento dell'autore, che non sia di maniera, ma giunga ad illuminare. Chi scrive inizia col lettore una sorta di dialogo. Travaglino ha iniziato; sono certo che proseguirà e sicuramente lo farà bene.

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