Prima di iniziare, consentitemi di mostrare compiacimento
per questa bella iniziativa, perché la cultura è
l'esercizio dell'intelligenza e, quando il cervello è
sveglio e presente a se stesso, il lavoro prodotto è
razionale e positivo, mentre (diceva Goya) il sonno della
ragione genera mostri, cioè l'irrazionale, l'abnorme,
l'incredibile. Perciò ho accettato di buon grado
di partecipare a questa manifestazione.
Tommaso Travaglino verso le cose artistiche ha sempre dimostrato
grande propensione e talento. Lo ebbi come attore (ovviamente
protagonista) nel mio Teatro Sperimentale Giovanile (quand'era
un ragazzo promettente): eravamo nel 1980 e si portava in
scena un'edizione da me curata della "Cantata dei Pastori".
Oggi lo ritrovo direttore di Cogito, promotore di cospicue
iniziative culturali, che hanno riscosso l'attenzione degli
Amministratori di Casalnuovo e me ne compiaccio. Soprattutto
egli è autore di un racconto che fa pensare: Il Mare
perduto. Tutto questo significa che le promesse di oltre
vent'anni fa sono state tutte mantenute.
Il libro è stato più volte presentato questa
sera, perciò io non aggiungo altro, se non qualche
riflessione appena, proprio per rendere omaggio all'autore.
In queste pagine, a me sembra, Tommaso Travaglino si rivela
autore di vasto respiro. Il suo personaggio è continuamente
visto nella piccolezza della dimensione umana, finita e
limitata rispetto a quella macrocosmica. Egli ci narra una
vicenda in cui si interpongono, come tappe obbligate e obbligatorie
della storia dell'uomo, simboli e figure della cultura ebraica.
Alla storia del macrocosmo (che il giovane vorrebbe comprendere
ed interpretare), si contrappone la storia del singolo:
storia piccola che scaturisce dalla storia ‘grande’.
Il singolo, questa storia rivive e deve perpetuare; perciò
l'autore cerca di ravvisare parallelismi e corrispondenze,
ma si ritrae spesso confuso ed abbattuto, sofferente nella
storia del passato ed in contrasto -con essa, come sente
se stesso in contrasto con il tutto. L'autore molte cose
non spiega e lascia nell'indeterminato; ma l'indeterminatezza
dà l'impressione di una storia senza confini.
Il discorso, che è lucido e poetico dal punto di
vista stilistico, presenta arcane consonanze con i maggiori
poemi mondiali, che evidentemente ne costituiscono il substrato
culturale: dalla Divina Commedia al Cantico dei Cantici,
l'Apocalisse... ma anche i maestri del surrealismo. Simòn
(come già Dante) piange e sviene nei momenti importanti
per l'incapacità a vivere e descrivere la realtà,
in cui è tuttavia coinvolto. Il mare perduto (quello
piccolo, quello delle passioni terrene: 'la scienza, l'amore,
la bellezza...) è visto con rimpianto e disperazione
profonda.
Ma nel caso di Travaglino, ogni impressione va doverosamente
rivista e approfondita, perché Il mare perduto è
un'opera complessa, che si presta a diverse chiavi di lettura
e pertanto richiede continua riflessione e particolare attenzione,
se si vuole penetrare a fondo il messaggio. Molte cose (come
ho già detto) sono state lasciate nell'indeciso e
nel vago, certamente non per superficialità o distrazione,
perché si tratta di evidenti accorgimenti stilistici
ed artistici, dei quali il Travaglino, dal momento che è
qui presente, è sollecitato (stavo per dire quasi
"obbligato") a rendere conto, perché il
testo fatto più chiaro lo si legge più volentieri.
Quindi auspico un intervento dell'autore, che non sia di
maniera, ma giunga ad illuminare. Chi scrive inizia col
lettore una sorta di dialogo. Travaglino ha iniziato; sono
certo che proseguirà e sicuramente lo farà
bene.