Luigi Piccirilli, Storico, ricercatore

L'intervento del professore Luigi Piccirilli in realplayer

 

Ringrazio innanzitutto questo nobile consesso che perderà un po’ del suo tempo per ascoltare le mie parole. Vorrei ringraziare il comitato organizzatore che ha voluto scegliermi, volontà loro, a recensire il bel libro di Tommaso Travaglino.
Questo racconto non tratta di fantasiosi delitti preparati e perpetrati all’ombra di qualche monastero; non narra scene disgustose e bruliginose di sesso, che non si dilunga in indagini poliziesche a senso unico. Tutti ingredienti che la carcassa di certa stampa radical-schic, che spaccia come elementi importanti di un successo editoriale. Romanzi tutti che sempre la gran cassa di certa stampa politicamente corretta li indica come capolavori del secolo, il lungo racconto di Tommaso Travaglino non contiene nulla tutto questo; è un’analisi spietata della nostra limitatezza di uomini di fonte alle meraviglie del creato e di fronte ai misteri di Dio, che certi filosofi spinti dalla loro arroganza di voler sapere più di quanto sia necessario, hanno presunto di poter penetrare i misteri di Dio.
Il lungo racconto di Tommaso, che a chi legge attentamente e commenta libero da pregiudizi confessionali o politici, pone domande serie e preoccupanti: l’angascia dell’uomo di oggi è d’avvero inquietante perché ha perso ogni punto di riferimento. L’uomo di oggi non si pone di fronte ai problemi che occupano la sua mente, né con il cuore né con la fede, ma solo con la sua fredda razionalità, una fredda razionalità che lo porterà inevitabilmente a negare lo stesso Dio come vollero farci credere i vari Voltaire, Roberspier, e tutti quegli idioti che furono responsabili morali del sangue innocentemente sparso di quei poveri malcapitati che venivano condannati dai cosiddetti tribunali del popolo e mandati alla ghigliottina.
Quanti orrori! Quante sofferenze ha creato la fredda razionalità. Dio non è solo giusto, ma è anche amore e se la giustizia non si sposa con l’amore essa è destinata a produrre molti Robespier e molti Maron. Questi ultimi vittime della loro stessa follia giustizialista.
Per ritornare al nostro libro, esso va letto non una sola volta ma più volte, altrimenti non si riuscirà a capire cosa l’autore abbia voluto intendere. E’ la storia di un ebreo, Simòn, che sulle ali della sua memoria cerca di ricostruire eventi di molti anni prima, ma è anche l’affannosa, perspicace e cocciuta ricerca della verità e la sua corsa verso quelle ante che non si apriranno mai.
E’ una corsa ansimante e insistente perché non può sfondare quelle ante, non può superare l’invalicabile; e quindi deve amaramente, ma con risvolti positivi, ammettere che all’uomo non è possibile attraversare quella porta e perciò deve restare alla sua limitatezza, al suo essere uomo e non pretende di diventare improvvisamente Dio.
La mia disamina e la mia coscienza di studioso mi impone di denunziare il degrado culturale che ha spinto e che raggiunge addirittura punte inquietanti nella nostra patria; e perciò ben vengano di questi libri che educano alla riflessione e non alla pigrizia; che spingono il lettore a interrogarsi e non alla facinoleria e al pressappochismo.

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